Nicoletta Prandi
La sua ala sempre pronta al volo
L’ho incontrato per l’ultima volta davanti ad una sala cinematografica. Poi, dopo pochi mesi, la notizia della morte, con il rimpianto di non averlo conosciuto meglio, perché – penso – che la sua ala fosse sempre pronta al volo.
Una sensazione pungente, dilatata dall’analizzarne meglio il lavoro. Che non vuol dire comprenderlo, ma cercare di farlo.
Così , per un assurdo caso del destino, mentre tentavo di scrivere della sua poetica, a fianco dell’infido computer stava un libro di Montale. Ed allora Vania – non so proprio perché- si è incrociato con Eugenio ed hanno avuto molte cose da dirsi.
I miei sensi tenevano testa a quella sua propensione alla grafica , forse intesa come sintesi tra processo di comunicazione ed arte, tanto distante dal mio modo di vivere l’emozione estetica. Poi però ho capito.
La spiegazione l’ho trovata in un’opera del 2002, realizzata per la morte di un caro amico. Nere, pesanti linee tracciate con la corposità del pennarello e al centro un fiammeggiante quadrato rosso. Potente, emozionante, diversa. Tutto un mondo sottaciuto che balza in superficie, occultato in altri lavori dietro certi rigori formali.
I suoi monotipi digitali su tela rendono “infinito” lo skyline della nostra città , togliendolo dal discredito che offrirebbero le parole. Con la passione del napoletano di origine , unita al rigore del grafico innamorato dei luoghi in cui vive, risparmia a tutti i paesaggi (non solo quelli riconoscibili) l’onta della realtà. Perché niente è mai stabilito davvero una volta per tutte e la ripetitività della sua ricerca si muove in questo senso.
Con le armi che sapeva di possedere, quelle di semplice «grafico con sbandamenti verso la pittura», si è messo in viaggio per interrogare ciò che aveva davanti agli occhi. Adesso che il percorso è concluso, non servono più analisi concettuali: splende la sua geografia, vera e propria narrazione dell’anima .
In silenzio, davanti alla moderna divinità del computer, ha saputo camminare piano, ascoltando gli impulsi vitali. Non si è fatto plagiare dal despotismo della comunicazione che è la vera superstizione del nostro tempo. L’ha saputa reinventare.
Ha visto ed ascoltato quell’infinito che non ha nessun limite di numero, tempo e spazio.
Ha bussato all’uscio di case, ha guardato gli alberi germogliare e poi imbiancare, abbracciando rifugi e nuvole. Inverni, estati, primavere ed autunni, con impercettibili differenze. Orizzonti piccoli e grandi che ci danno l’illusione di agguantare un po’ del tempo che se ne va. Da protagonisti, non da spettatori.
Nicoletta Prandi