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Pino Capellini

Gli antichi quando giunsero alle sponde dell’Oceano e non videro altre terre all’orizzonte conclusero che la Terra finiva lì. “Finis terrae”: il mondo conosciuto terminava, poi l’infinita distesa d’acque dell’Oceano Atlantico pieni di mostri e di misteri. Niente oltre. Solo la linea dove il mare si confondeva col cielo. “Capo Finisterre”, in terra di Galizia, è metà di pellegrini che, completato il celebre Cammino, raggiungono l’oceano per compiervi un bagno purificatore dopo tanta fatica e per raccogliere una delle conchiglie che si trovano sulla spiaggia, a conferma dell’avvenuto viaggio. Un rito. E un rito è l’affascinante cammino che Vania Russo propone tra spazi e tempi che fuggono al nostro quotidiano. Come la Città Alta al limite dell’irrealtà – un’illusione, appunto – che già abbiamo visto nei suoi monotipi, sospesa tra luci infinite: “Finis terrae” tra passato e presente.

Mondo sospeso tra realtà e illusione per noi marinai del veliero quasi in sospeso sulla linea dell’orizzonte e sul quale Russo invita a navigare su acque che si dissolvono nell’azzurro. Cieli o mari rovesciati. Così Russo ci guida alla ricerca di altri orizzonti, di un mondo scomparso di cui restano solo edifici e luoghi che abbiamo già visto ma che qui sono al limite del sogno. Echi di una Venezia che la lenta ma inesorabile forza del tempo e della laguna stanno trasformando in miraggio, tra sipari di nuvole che trascendono dal tramonto alla notte.

(presentazione per la mostra ORIZZONTI e/o ILLUSIONI, 2012)

 

Pino Capellini
Giornalista – Direttore di Orobie